Editoriale My Way 11 : Parliamo al Muro !

3145 km di cemento innalzati sotto i nostri occhi lungo la frontiera messicana… sarebbe un sogno ? No, semplicemente « è il segno dei tempi che i pazzi guidino i ciechi »[1]. Quale sarà il destino di questi territori feriti da questa « traccia, la cicatrice dellʼevaporazione del padre », altro nome della segregazione, che tende ogni giorno sempre più a omogeneizzare le masse, il popolo. Omogeneizzare anche le notre pratiche nella salute mentale, per far credere nellʼuniversale della tecnica e della scienza e al loro reale senza legge. « Una segregazione ramificata, rinforzata, che fa intersezioni a tutti i livelli e che non fa che moltiplicare le barriere », profetizza Lacan nella sua nota sul Padre del 1968 [2].
Senza lʼappoggio del simbolico, la risposta a questa universalizzazione non si fa intendere anche attraverso la via delle rivendicazioni identitarie ? Una segregazione inclusiva che potrebbe essa stessa generare una forma di esclusione. In effetti, cosa succede quando il più determinato dei transgender, pronto ad assumere la sua « transizione », vacilla per lʼimpossibile sradicamento di un godimento sessuale non manipolabile, quello che manca a creare il rapporto fra i sessi. La serie geniale di Jill Soloway Transparent offre uno sguardo sconcertante su questa impasse.
Particolarismi esacerbati dal lato dellʼinclusione, fanatismi dal lato dellʼesclusione: quali sono i chiarimenti psicoanalitici davanti a queste segregazioni ? Per questo speciale My Way sulla segregazione, attraverseremo le frontiere francofone per dare la parola a Domenico Cosenza e Rosa Elena Manzetti dallʼItalia, Argyris Tsakos dalla Grecia e Marta Serra dalla Spagna.
[1] W. Shakespeare, Re Lear, atto IV, scena I, traduzione di «This the time ‘s plague when madmen lead the blind ».
[2] J. Lacan, Nota sul padre e lʼuniversalismo, in La Psicoanalisi, n. 33, Astrolabio, Roma 2003, p. 9.
Traduzione di Marianna Matteoni
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