Burn-out genitoriale

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Nel novembre 2016, i media belgi hanno trasmesso i risultati di un’inchiesta condotta dall’Università di Louvain-La-Neuve, che porta sulla questione di sapere « come essere genitori nel XXI° secolo ». A quanto pare numerosi genitori – tra il 3 e 12 %, soprattutto le madri – sembrano in grande difficoltà e pronti a dimettersi dalla loro funzione genitoriale. Un nuovo sintomo, il burn-out genitoriale fa la sua apparizione, caratterizzandosi per uno sfinimento emotivo, una mancanza di empatia nei confronti dei bambini e con l’idea di aver fallito completamente in quanto genitori. I ricercatori indicano che le attese e gli ideali eccessivi dei genitori così come la pressione che li accompagna sono la causa di questo malessere. La risposta consiste in una lista di consigli nel quadro di una pratica di suggestione : abbassare la soglia degli ideali, ridurne il numero, accettare i limiti del vostro bambino. Il good enough mother di Winnicott è diventato un good enough parent.

Marie-Hélène Brousse indica che i genitori contemporanei si situano differentemente in rapporto ai loro bambini e che essi sono presi in una « dittatura del bambino come stile di vita». Ella chiama questo stile di vita « genitorialità », sintagma che cancella la differenza dei sessi e innesta i due genitori direttamente sul bambino. Messi da parte tutti i cambiamenti relativi ad essere un uomo/una donna, o fare coppia o ancora come essere madre/padre, la nascita di un bambino custodisce sempre un gran valore e il bambino è l’oggetto di un sovrainvestimento dei due genitori. Il discorso del padrone promette un ideale familiare nel quale il bambino occupa un posto centrale. L’economia risponde abilmente a questa tendenza : « Vado in una spa (centro benessere) e porto….il mio bambino »

Sebbene i ruoli normativi e stereotipati abbiano fatto posto ad una pluralità di modi di essere genitori – le differenze di sesso e di funzione sono sempre meno pertinenti -, l’inchiesta indica che ci sono soprattutto le madri che sono suscettibili di provare un burn-out genitoriale. I significanti « madre» e « padre » e le identificazioni corrispondenti non sono spariti manifestamente. L’apparizione dei siti internet belgi (di lingua olandese) creati rispettivamente dalle madri (www.mamabaas.be) e dai padri (www.vaderklap.be) ce lo indica. Nel modo in cui sono nominati, si vede che le madri recuperano qualche cosa che è tradizionalmente attribuito ai padri, e viceversa. Mama Baas [Maman Chef] reclama qualche cosa della funzione paterna come interdire e autorizzare, e Vaderklap [Papacauserie] offre ai giovani padri un forum per « raccontare, scrivere, scoprire e dare un’idea di come hanno vissuto la loro esperienza di paternità ».

La dittatura del bambino come stile di vita ha un doppio effetto. M.-H. Brousse indica che c’è dell’angoscia nel diventare genitori in numerosi soggetti che temono che il bambino pesi troppo sul loro modo di godimento. E’ questa angoscia che la piattaforma on line Vaderklap vuole attenuare : « Rassicurare i giovani padri e spiegar loro che la vita non si ferma quando si diventa padre, ma che possono fare ancora un mucchio di cose belle ». Dall’altro lato, quando emerge il reale, si trova il burn-out genitoriale come modo di « espellersi dalla genitorialità », così che il bambino non è più un oggetto agalmatico, ma rischia di diventare oggetto-scarto. Il sito Mama Baas è sensibile alla trappola : « Noi, genitori, possiamo ammettere che ci succede talvolta di non dominare la situazione. It’s okay not to be perfect ! »

Traduzione di Elda Perelli

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